CSA Officina Rebelde

Via Coppola 6, 95131, Catania

08-08-2022

Forasakku Camp: un racconto collettivo

Sono passati giorni ed ore da quando l’esperienza del primo Forasakku Camp si è chiusa, giorni ed ore che per noi sono state preziosi per elaborare le emozioni e consolidare le riflessioni che ci hanno accompagnato nella costruzione di questo momento che è stato costitutivo e di fondazione per la nostra collettività. Ed ora possiamo dire così, chiamarla la nostra, perché prima eravamo solo gruppi di compagne, di persone, di attivisti che tenevano aperti sportelli sociali, che portavano avanti percorsi trans femministi nelle metropoli del sud contro ogni partiarcato, che autogestivano centri sociali nei quartieri popolari cercando di opporre la solidarietà di classe al razzismo, di campesinos y campesinas che auto producevano per ridurre la loro dipendenza dalle grandi multinazionali e per sottrarre spazio ad uno stato che per anni ha inquinato e devastato e desertificato. Senza prendersi cura di una terra che è stata trattata solo come una colonia in cui scaricare nocività e militarizzazioni. Eravamo e siamo questo, ma l’occasione di incontrarci assieme a decine e di costruire qualcosa assieme, di progettarlo e di tirarlo su questo momento, dalle latrine alle docce, ci ha reso altro: di più.

Abbiamo, tutte e tutti insieme, conosciuto un territorio: chi lo abita e lo coltiva, il corso del fiume, il suo bosco, le arnie delle api che ne impollinano i fiori, le sue piante, assaggiato i sapori di quello che produce. Si sono condivisi dei saperi tecnici: quelli che abbiamo scambiato quando il Laboratorio di Serigrafia Ribelle ha dato una dimostrazione del proprio lavoro o quelli che abbiamo condiviso imparando a produrre il sapone a partire dall’olio Nell’appuntamento indetto dal Laboratorio Terra insumisa abbiamo confrontato le esperienze di Cura, le abbiamo decolonizzate grazie all’esperienza di chi dall’interno ed al di fuori delle istituzioni propone una visione della salute non legata ai diktat della politica e del profitto e basata, prima di tutto, sull’ascolto e sull’orizzontalità del rapporto.

Abbiamo incontrato il Movimento No Muos, nell’occasione dei suoi dieci anni di storia di lotta e resistenza, ci siamo ripromessi di tornare a Niscemi a sostenere la lotta contro le installazioni militari Siamo scesi in piazza contro la Guerra, in occasione della giornata di mobilitazione nazionale del 23 Luglio e lo abbiamo fatto a Scopello, in una piazza che per l’occasione abbiamo voluto sottrarre al turismo, all’idea di una Sicilia vetrina del consumo per chi può spendere. In quella piazza abbiamo raccontato della nostra terra, di quella vera: sfruttata, turistificata, oppressa dalle militarizzazioni e povera. Una terra nella quale milioni di persone di dibattono e lottano ogni giorno al di fuori della sfera dei diritti per come dovrebbero essere garantiti.

Grazie all’esperienza Libera Assemblea Degenere - Pratiche lgbtqia+ Catania ci ha attraversato fortemente, come esigenza e come tendenza, la necessità del trans femminismo, di un rinnovamento e di una radicalità anche nel porre le questioni di genere.

Dopo tutto questo non potevano che essere fortissime le emozioni e le attese per la serata di domenica, quando abbiamo raccolto tutti i nostri sguardi e le nostre aspettative e abbiamo insieme ed in tante e tanti ragionato su come costruire la Sicilia Ribelle. La nostra rete, abbiamo ragionato assieme, non è e non deve essere una formula politicista perché, come è stato fatto giustamente notare, non sono credibili le esperienze politiche che nel “qui ed ora” non producono nulla ma si limitano a dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. E’ necessario, dunque, produrre diversità e differenze, contrasti, prese di posizione, biodiversità ribelle. E’ necessario costruire, è necessario aggregare, è necessario immaginare forme concrete di autonomia nelle città come nei territori non metropolitani. Ma questo non deve e non può volere dire rinunciare a costruire vertenze collettive, al fare pressione sulle istituzioni per fermare le privatizzazioni ed i grandi progetti di devastazioni, allo scendere in piazza a protestare ed a picchiare forte sulle transenne e sugli scudi come abbiamo sempre fatto. La nostra Sicilia Ribelle è, in definitiva, a metà. Per certi versi esiste ed è reale, in tutto quello che facciamo. In ogni angolo di territorio e spirito, in ogni frammento di relazione umana che abbiamo sottratto al neoliberismo feroce che ci vorrebbe schiavi (in)felici del turismo e delle grandi opere. Per gran parte è invece un’isola che ancora non c’è, una mappa da disegnare, un territorio da inventare camminando e domandando, urlando e lottando. Ed è in connessione con altri territori ribelli, come quelli del Chiapas e del Rojava, ovunque si sia, tra simili a pari, seminata relazione. Noi ci siamo messi in moto e non abbiamo intenzione di fermarci.