29-01-2020
NO WAR on IRAN - alcune considerazioni
Con quel “ritardo” che, alle volte, si rende necessario per esprimersi con misura sulle questioni e senza lasciarsi dettare l'agenda delle riflessioni e delle pratiche dall'emergenza, vogliamo tornare sull'aggravarsi della crisi tra Usa ed Iran, seguita all'uccisione da parte del Pentagono, e su ordine del Presidente Trump, del generale iraniano Souleimani, avvenuta con un attacco missilistico portato a compimento da un drone mentre il generale era in visita sul territorio iracheno. Molte considerazioni in merito sono state già svolte nel dibattito che c'è stato durante questa fase di mobilitazioni attraverso i network e sui social di movimento, noi quindi ci limiteremo a toccare alcuni punti che riteniamo essenziali.
In primo luogo va sottolineato come l'avventurismo della presidenza americana sia inaccettabile e dimostri come uno degli attori internazionali dei nostri scenari geopolitici sia quello che più di tutti alimenta l'instabilità delle regioni nelle quali si trova ad operare. Se davvero, in uno scenario nel quale il pentagono aveva annunciato una politica di ritiro dal medioriente, la posta in gioco dell'uccisione di Souleimani era la rielezione di Trump attraverso il rafforzamento della sua campagna elettorale, allora bisogna prendere atto della criminale spregiudicatezza della classe politica statunitense. Rischiare di dovere cambiare la propria politica internazionale ed affrontare un conflitto di portata regionale e forse mondiale, con il costo migliaia di morti, per ottenere qualche punto percentuale in una tornata elettorale dà il segno di quanto aggressiva sia la crisi di valori dell'occidente e pericolose le sue derive. Nessuna equiparazione dunque tra aggressori ed aggrediti: in questa vicenda la provocazione alla guerra viene solo e soltanto da una parte. Ma dire questo non ci porta a sposare una visione geopolitica in nome della quale qualsiasi potenza regionale o mondiale si opponga alle politiche imperiali statunitensi vada appoggiata e supportata.
In secondo luogo, crediamo che tante compagne e compagni si pongano spesso un problema del tutto sbagliato: quello di trovare il “maggior impedimento” alle politiche internazionali degli Stati Uniti, sia esso rappresentato da una teocrazia reazionaria o da una forma di capitalismo di stato appena verniciato di socialismo, ed immaginare che, attorno a quello, si possa costruire una alternativa nelle relazioni internazionali. E, nel far questo, sistematicamente, si omette o sfugge cosa rappresenta una reale alternativa nei contesti presi in considerazione. Sfugge, ad esempio, quanto sia centrale in medioriente difendere l'esperienza della Confederazione Democratica della Siria del Nord. Sfugge, ancora, come in Iraq vi sia una potenza in atto che va appoggiata, anche se non internazionale. È la potenza della rivolta dei giovani che scuote il paese, che dura da mesi e che affronta sul campo anche le milizie sciite vicine all'Iran, contro la corruzione del regime che lo governa, reclamando una nuova vita: fatta non di miseria ma di speranza ed in analogia con le primavere arabe che hanno attraversato il medioriente. Da questa parte bisogna schierarsi in Iraq e da nessun'altra.
In terzo luogo consideriamo che il modo migliore per opporsi alle dinamiche della guerra internazionale sia quello di contribuire a sabotare ed ostacolare in ogni modo lo sforzo bellico nel nostro territorio, a partire dalle numerosi basi militari presenti in esso e che costituiscono, da Sigonella alla base Us Navy sita in contrada Ulmo, a Niscemi, dove ospita il Muos, un insulto alle nostre collettività ed alla loro autodeterminazione, una minaccia ecologica e per la pace globale.
Per questo rilanciamo e sosteniamo la mobilitazione lanciata dal movimento No Muos verso il corteo indetto l'11 di Aprile a Niscemi, contro il Muos
Ora e sempre contro tutte le potenze ed i poteri della guerra ed a fianco dei popoli che lottano!
Ora e sempre No Muos!!
Le compagne e i compagni e di Officina Rebelde